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Domanda di asilo e indici di tratta: sì allo status di rifugiata

Domanda di asilo e indici di tratta: sì allo status di rifugiata

Italiano
Il Tribunale di Bologna ha riconosciuto lo status di rifugiata a una cittadina nigeriana, vittima di tratta e discriminazioni di genere. La decisione valorizza i criteri UNHCR e la giurisprudenza della Cassazione, sottolineando il rischio concreto di rivittimizzazione in caso di rimpatrio e l’importanza dell’approccio integrato nella valutazione della vulnerabilità.

English
The Bologna Court granted refugee status to a Nigerian woman, victim of trafficking and gender-based discrimination. The ruling highlights UNHCR criteria and Italian Supreme Court case law, emphasizing the real risk of re-victimization upon return and the importance of an integrated approach to vulnerability assessment.

Français
Le Tribunal de Bologne a reconnu le statut de réfugiée à une femme nigériane, victime de traite et de discriminations liées au genre. La décision valorise les critères du HCR et la jurisprudence de la Cour de cassation italienne, en insistant sur le risque réel de revictimisation en cas de retour et sur l’approche intégrée de la vulnérabilité.

العربية
منحت محكمة بولونيا صفة لاجئة لمواطنة نيجيرية كانت ضحية للاتجار بالبشر والتمييز القائم على النوع الاجتماعي. تؤكد الحكم على معايير المفوضية السامية للأمم المتحدة لشؤون اللاجئين واجتهاد محكمة النقض الإيطالية، مشيرة إلى خطر إعادة الإيذاء عند العودة وأهمية التقييم الشامل للهشاشة.

اردو
بولونیا کی عدالت نے نائیجیرین خاتون کو پناہ گزین کا درجہ دیا جو انسانی اسمگلنگ اور صنفی امتیاز کا شکار تھی۔ یہ فیصلہ UNHCR کے معیارات اور اطالوی عدالتِ عالیہ کی نظیروں پر زور دیتا ہے اور واپسی کی صورت میں دوبارہ استحصال کے خطرے کے ساتھ ساتھ کمزوری کے جامع جائزے کی اہمیت کو اجاگر کرتا ہے۔

বাংলা
বোলোনিয়া ট্রাইব্যুনাল একজন নাইজেরিয়ান নারীকে শরণার্থীর মর্যাদা প্রদান করেছে, যিনি মানব পাচার ও লিঙ্গভিত্তিক বৈষম্যের শিকার ছিলেন। এই রায় UNHCR-এর মানদণ্ড ও ইতালির কাসেশন কোর্টের রায়সমূহকে গুরুত্ব দিয়েছে এবং ফেরতের ক্ষেত্রে পুনরায় নির্যাতনের আশঙ্কা ও দুর্বলতার মূল্যায়নের একীকৃত পদ্ধতির উপর গুরুত্বারোপ করেছে।

Oggetto del procedimento

La ricorrente, giovane donna nigeriana richiedente asilo, ha proposto ricorso contro il provvedimento di rigetto emesso dalla Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Bologna.

Ha chiesto il riconoscimento dello status di rifugiata, o in subordine della protezione sussidiaria o, ancora, della protezione speciale, fondando la sua istanza su una vicenda personale fortemente segnata da episodi di violenza sessuale, esclusione familiare, sfruttamento e rischio concreto di persecuzione legato all’orientamento sessuale percepito.

Le sue dichiarazioni hanno evidenziato una condizione di profonda emarginazione e vulnerabilità fin dall’età adolescenziale.

Credibilità e attendibilità del racconto

Il Tribunale ha condotto un’accurata valutazione della credibilità del racconto, facendo applicazione dei criteri dettati dall’art. 3, comma 5, del D.Lgs. 251/2007.

L’approccio adottato ha superato la visione formalistica della valutazione dell’attendibilità, tenendo conto dei seguenti elementi principali:

  • la coerenza logica e cronologica della narrazione nel suo complesso;
  • lo sforzo dimostrato dalla ricorrente nel chiarire e dettagliare passaggi cruciali del proprio vissuto, anche in presenza di iniziali omissioni;
  • il contesto oggettivo di particolare vulnerabilità: la giovane età all’epoca dei fatti, la gravidanza precoce causata da uno stupro, il successivo allontanamento familiare, l’assenza di supporti istituzionali;
  • l’emersione di numerosi elementi sintomatici di un vissuto riconducibile alla tratta di esseri umani, secondo le Linee guida dell’UNHCR e della Commissione Nazionale per il Diritto d’Asilo.

Riconoscimento dello status di rifugiata

Il Collegio ha ritenuto integrati i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiata, rilevando che:

  • la vicenda della ricorrente presenta chiari indicatori di tratta, pur in assenza di una sua esplicita auto-identificazione come vittima;
  • il percorso migratorio, le modalità del viaggio, la presenza di “benefattori” ambigui, lo sfruttamento economico e la minaccia di punizione in patria rappresentano un quadro di persecuzione riconducibile all’appartenenza a un “gruppo sociale” ai sensi della Convenzione di Ginevra;
  • il rischio di rivittimizzazione e discriminazione, unitamente alla mancata protezione statale, configura una concreta minaccia per la dignità e l’incolumità della ricorrente;
  • la situazione della donna nigeriana, già oggetto di stigma e marginalizzazione, rientra nei criteri fissati dalla giurisprudenza della Cassazione e dalla normativa europea per l’accesso alla protezione.

Il Tribunale ha osservato come, pur non dichiarandosi espressamente vittima di tratta, la ricorrente abbia descritto una serie di esperienze che, valutate secondo i parametri delle Linee Guida UNHCR e della Direttiva 2011/36/UE, corrispondono a un contesto tipico di tratta a scopo di sfruttamento sessuale e lavorativo.

In particolare, ha evidenziato l’abbandono familiare, l’impossibilità di ottenere giustizia in Nigeria a seguito dello stupro, la dipendenza economica da figure che ne hanno approfittato, l’arruolamento coatto per scopi illeciti, il ricorso a viaggi organizzati da reti opache, e infine il rifiuto della prostituzione con conseguente emarginazione.

La giurisprudenza della Corte di Cassazione (es. Cass. civ., sez. I, ord. n. 16243/2023) è stata richiamata dal Collegio per affermare che la tratta, specie se rivolta contro giovani donne provenienti da aree ad alta vulnerabilità, configura una persecuzione motivata dall’appartenenza a un gruppo sociale.

Il rischio futuro deve essere valutato anche alla luce della reintegrazione presso famiglie o comunità che stigmatizzano chi rientra senza successo economico dall’Europa.

Il Collegio ha inoltre ribadito che, come affermato nelle Linee guida UNHCR, il trauma derivante da esperienze di tratta può ostacolare l’immediata narrazione dei fatti e che, pertanto, il giudice è tenuto a considerare con attenzione ogni elemento di contesto e ogni variazione successiva nella ricostruzione dei fatti.

Valutazione della situazione del Paese d’origine

Il Tribunale ha valorizzato le Country of Origin Information (COI) aggiornate, dalle quali si evince:

  • l’elevato tasso di stigmatizzazione e ostracismo verso le donne che rientrano in Nigeria dopo aver vissuto all’estero, soprattutto se percepite come ex vittime di sfruttamento;
  • l’inadeguatezza delle strutture statali e sociali nel fornire protezione effettiva e duratura alle vittime di tratta e violenza di genere;
  • la presenza di rischi sistemici legati alla posizione femminile nella società nigeriana, in particolare in assenza di reti familiari solide o di mezzi di sostentamento.

Esito del giudizio

Sulla base dell’istruttoria svolta, il Tribunale di Bologna, Sezione Specializzata Immigrazione, con decreto del 06/05/2025, riconosce alla ricorrente lo status di rifugiata ai sensi dell’art. 2 del D.Lgs. 251/2007, nonché dell’art. 1 della Convenzione di Ginevra del 1951.

Principi giuridici affermati

La decisione del Tribunale di Bologna contribuisce al consolidamento di una giurisprudenza garantista e attenta al principio di non refoulement, attraverso l’affermazione di alcuni capisaldi fondamentali in materia di protezione internazionale, con particolare attenzione al profilo di genere e alla tratta di esseri umani:

  • Protezione fondata su fatti emersi successivamente: Il riconoscimento della protezione può fondarsi anche su fatti o elementi che emergano solo nel corso del procedimento giudiziario. Non è richiesto che tutto sia dichiarato in sede amministrativa, se il giudice ritiene attendibili e coerenti gli elementi successivi emersi, soprattutto in presenza di situazioni traumatiche.
  • Genere e gruppo sociale: L’appartenenza al genere femminile, in contesti come quello nigeriano dove le donne vittime di tratta e sfruttamento sono oggetto di forti discriminazioni, può integrare il presupposto dell’appartenenza a un gruppo sociale.
  • Analisi contestuale e integrata: Il giudice è tenuto a una valutazione complessiva e contestuale del rischio attuale e futuro, che tenga conto non solo del passato della richiedente, ma anche della sua condizione presente, del suo stato di salute psicofisica, delle prospettive concrete di reinserimento nel paese d’origine e dell’effettiva protezione che lo Stato d’origine è in grado di offrire.
  • Tutela estesa contro il rischio di rivittimizzazione: La protezione non riguarda solo il pericolo di persecuzione da parte di soggetti privati o pubblici per ragioni etniche, religiose o politiche, ma si estende alla concreta possibilità che la persona sia nuovamente sfruttata, esclusa o sottoposta a trattamenti inumani e degradanti in ragione della sua condizione pregressa. In particolare, la tratta a fini di sfruttamento, anche quando non configurata penalmente in senso tecnico, rileva ai fini della protezione internazionale.
  • Principio di non colpevolizzazione della vittima: Il riconoscimento della protezione deve avvenire senza che sia richiesto alla vittima di provare la propria innocenza o l’assenza di consenso rispetto agli abusi subiti. Il consenso, ove prestato in una condizione di vulnerabilità estrema, è giuridicamente irrilevante.
  • Centralità della vulnerabilità: L’approccio centrato sulla persona richiede un’attenzione specifica alla vulnerabilità derivante da fattori cumulativi, tra cui l’età, il genere, la storia personale, le violenze subite, l’assenza di legami familiari e di mezzi di sussistenza. Tali elementi devono essere letti in un’ottica olistica e non frammentata.
  • Valore delle Linee Guida UNHCR: Le linee guida dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati rappresentano un punto di riferimento vincolante nell’interpretazione delle norme sulla protezione, in quanto espressione dei principi internazionali recepiti dall’ordinamento italiano. Esse orientano la valutazione dell’autorità giudiziaria nelle ipotesi di tratta, sfruttamento e persecuzione di genere.
  • Impossibilità di protezione interna alternativa: In assenza di un sistema di accoglienza, assistenza e reintegrazione effettivo e funzionante, la possibilità di reinserimento in altro luogo all’interno del Paese d’origine non costituisce una valida alternativa alla protezione internazionale.

Tali principi, letti congiuntamente, rafforzano un’interpretazione della protezione internazionale orientata alla tutela sostanziale dei diritti fondamentali, con particolare attenzione alle donne migranti vittime di tratta e violenza sistemica.

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Studio legale Avv. Giuseppe Briganti - Pesaro - Urbino

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Pesaro – Urbino

Post aggiornato alla data di pubblicazione

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