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Particolare tenuità del fatto e mancata comparizione della persona offesa innanzi il Giudice di Pace

Particolare tenuità del fatto ex art. 34 d.lgs. 274/2000: secondo le Sezioni Unite della Corte di Cassazione la mancata comparizione della persona offesa non è d’ostacolo

Studio legale Avv. Giuseppe BrigantiParticolare tenuità del fatto innanzi il Giudice di Pace e mancata comparizione della persona offesa: si pronuncia la Corte di Cassazione, Sezioni Unite penali, con la sentenza 16 luglio – 27 ottobre 2015, n. 43264, stabilendo che la volontà di opposizione alla dichiarazione con sentenza della particolare tenuità del fatto deve essere necessariamente espressa e che dunque nel procedimento davanti al Giudice di Pace, dopo l’esercizio dell’azione penale, la mancata comparizione in udienza della persona offesa, regolarmente citata o irreperibile, non è di per sé di ostacolo alla dichiarazione di improcedibilità dell’azione penale per la particolare tenuità del fatto in presenza dei presupposti di cui all’art. 34, comma 1, d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274.

Afferma la Corte:

Il tenore della disposizione conduce a far ritenere che tale volontà di opposizione deve essere necessariamente espressa, non potendosi desumere da atti o comportamenti che non abbiano il carattere di una formale ed inequivoca manifestazione di volontà. Va peraltro ritenuto che la volontà di opposizione possa essere manifestata anche attraverso memorie (art. 90, comma 1, cod. proc. pen.); e che essa sia implicita nei casi in cui la persona offesa, costituitasi, in quanto soggetto danneggiato dal reato, quale parte civile, formuli in udienza, a mezzo del procuratore speciale, richiesta di risarcimento dei danni.

Occorre, beninteso, che la persona offesa sia stata messa in grado di esprimere la sua eventuale opposizione. Sicché non potrebbe essere pronunciata sentenza liberatoria se essa non sia citata in dibattimento, pur essendo noti gli elementi indicativi della sua residenza o dimora; né potrebbe essere adottata tale pronuncia da parte del giudice investito della richiesta di decreto penale di condanna (v. in tal senso Sez. 1, n. 16310 del 26/04/2005, Colozzo, Rv. 231331). Ma certamente la legge non impone un’apposita convocazione della persona offesa specificamente preordinata a raccogliere la sua eventuale opposizione, dovendo per postulato legale presumersi che essa possa prospettarsi un esito liberatorio nel caso di una sua mancata comparizione in sede dibattimentale.

Può discutersi solo se una simile presa di posizione inibitoria debba provenire personalmente dalla persona offesa (o dall’imputato) e se essa possa manifestarsi solo in sede processuale.

La risposta al primo di tali quesiti sembra dovere essere nel senso che si tratta di un atto personalissimo, in quanto l’opposizione di cui si discute, incidendo sulla procedibilità dell’azione penale, rientra tra il genere di atti «idonei a determinare il contenuto della pronuncia» (per questa qualificazione, in termini generali, v. Sez. U, n. 47923 del 29/10/2009, D’Agostino, in particolare al par. 6 del Considerato in diritto); con la conseguenza che possono dirsi abilitati a esprimere una simile volontà la persona offesa (e l’imputato) personalmente o a mezzo di procuratore speciale, e non il difensore o altri soggetti, fatta eccezione, beninteso, per i casi di rappresentanza della persona offesa minore, interdetta o inabilitata (v. art. 90, comma 2, cod. proc. pen.).

Quanto al secondo quesito, deve ritenersi che la volontà di opposizione debba essere manifestata solo dopo l’esercizio dell’azione penale, perché questo è il presupposto formalmente preso in considerazione dalla citata disposizione, essendo dunque inidonea una espressione di opposizione formulata “ora per allora” prima di tale cadenza processuale.

[…] Dunque, la mancata partecipazione al dibattimento della persona offesa (regolarmente citata o irreperibile) è affatto irrilevante ai fini dell’abilitazione del giudice a valutare la sussistenza dei presupposti considerati dal comma 1 dell’art. 34 d.lgs. n. 274 del 2000, non potendosi desumere da detta situazione alcuna volontà di opposizione alla pronuncia di improcedibilità per tenuità del fatto.

[…] Deve dunque essere affermato il seguente principio di diritto:
“Nel procedimento davanti al giudice di pace, dopo l’esercizio dell’azione penale, la mancata comparizione in udienza della persona offesa, regolarmente citata o irreperibile, non è di per sé di ostacolo alla dichiarazione di improcedibilità dell’azione penale per la particolare tenuità del fatto in presenza dei presupposti di cui all’art. 34, comma 1, d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274”.

Studio legale Avvocato Giuseppe Briganti

Pesaro-Urbino

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