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Permesso di soggiorno per motivi umanitari: occorre sempre un giudizio di bilanciamento

Permesso di soggiorno per motivi umanitari: occorre sempre un giudizio di bilanciamento

Permesso di soggiorno per motivi umanitari: occorre sempre un giudizio di bilanciamento

Permesso di soggiorno per motivi umanitari: occorre verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile, costitutivo dello statuto della dignità personale, in comparazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza

Così Cassazione 4455/2018:

[…] I «seri motivi» di carattere umanitario oppure risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano (art. 5, comma 6, cit.), alla ricorrenza dei quali lo straniero risulta titolare di un diritto soggettivo al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari (Cass., sez. un., n. 19393/2009 e Cass., sez. un., n. 5059/2017), non vengono tipizzati o predeterminati, neppure in via esemplificativa, dal legislatore, cosicché costituiscono un catalogo aperto (Cass. n. 26566/2013), pur essendo tutti accomunati dal fine di tutelare situazioni di vulnerabilità attuali o accertate, con giudizio prognostico, come conseguenza discendente dal rimpatrio dello straniero, in presenza di un’esigenza qualificabile come umanitaria, cioè concernente diritti umani fondamentali protetti a livello costituzionale e internazionale (cfr. Cass., sez. un., 19393/2009, par. 3).

Infine, la protezione umanitaria costituisce una delle forme di attuazione dell’asilo costituzionale (art. 10, terzo comma Cost.), secondo il costante orientamento di questa Corte (Cass. 10686 del 2012; 16362 del 2016), unitamente al rifugio politico ed alla protezione sussidiaria, evidenziandosi anche in questa funzione il carattere aperto e non integralmente tipizzabile delle condizioni per il suo riconoscimento, coerentemente con la configurazione ampia del diritto d’asilo contenuto nella norma costituzionale, espressamente riferita all’impedimento nell’esercizio delle libertà democratiche, ovvero ad una formula dai contorni non agevolmente definiti e tutt’ora oggetto di ampio dibattito.

[…] È necessaria, pertanto, una valutazione individuale, caso per caso, della vita privata e familiare del richiedente in Italia, comparata alla situazione personale che egli ha vissuto prima della partenza e cui egli si troverebbe esposto in conseguenza del rimpatrio. I seri motivi di carattere umanitario possono positivamente riscontrarsi nel caso in cui, all’esito di tale giudizio comparativo, risulti un’effettiva ed incolmabile sproporzione tra i due contesti di vita nel godimento dei diritti fondamentali che costituiscono presupposto indispensabile di una vita dignitosa (art. 2 Cost.).

[…] Il riconoscimento della protezione umanitaria, secondo i parametri normativi stabiliti dall’art. 5, c.6; 19, c.2 T.U. n. 286 del 1998 e 32 del d.lgs n. 251 del 2007, al cittadino straniero che abbia realizzato un grado adeguato d’integrazione sociale nel nostro paese, non può escludere l’esame specifico ed attuale della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al paese di origine, dovendosi fondare su una valutazione comparativa effettiva tra i due piani al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile, costitutivo dello statuto della dignità personale, in comparazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza.

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Studio legale Avvocato Giuseppe Briganti

Pesaro-Urbino

Aggiornato alla data di pubblicazione

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