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Negoziazione assistita e conseguenze della mancata risposta all’invito a stipulare la convenzione

Negoziazione assistita e conseguenze della mancata risposta all’invito a stipulare la convenzione

Negoziazione assistita e conseguenze della mancata risposta all’invito a stipulare la convenzione

L’art. 4 del decreto-legge 132 del 2014 (convertito con modificazioni dalla legge 10 novembre 2014, n. 162) stabilisce che l’invito a stipulare la convenzione di negoziazione assistita deve indicare l’oggetto della controversia e contenere l’avvertimento che la mancata risposta all’invito entro trenta giorni dalla ricezione o il suo rifiuto può essere valutato dal giudice ai fini delle spese del giudizio e di quanto previsto dagli articoli 96 e 642, primo comma, del codice di procedura civile.

Il Tribunale di Verona, con ordinanza del 17 novembre 2015, rileva in proposito quanto segue.

In questa sede occorre anche valutare, ai fini della applicazione delle conseguenze sanzionatorie previste dall’art. 4 del d.l. 132/2014, il comportamento tenuto dalla resistente nella predetta fase stragiudiziale.

Infatti l’invito a stipulare la convenzione di negoziazione assistita inviato, tramite messaggio di posta certificata, in data 6 luglio 2015 dalla ricorrente alla resistente venne riscontrato dal difensore di quest’ultima, sempre tramite pec, con un messaggio, con il quale comunicò l’adesione della propria assistita alla procedura, in data 10 agosto, e quindi oltre il termine di trenta giorni fissato a tal fine dall’art. 4 comma 1 (la sospensione feriale dei termini processuali non si applica infatti alla negoziazione assistita che è una procedura stragiudiziale).

A ben vedere però in questo caso non si è in presenza di un ritardo nel riscontrare l’invito a concludere l’accordo di negoziazione, che non avrebbe le conseguenze sanzionatorie di cui all’art. 4, ma di un vero e proprio silenzio, che, come tale, può giustificare, astrattamente, la condanna ai sensi dell’art. 96 c.p.c.

Infatti la predetta risposta fu redatta e sottoscritta non già dal legale rappresentante della resistente, come avrebbe dovuto essere, ma dal suo difensore senza che questi fosse munito della procura al compimento di quell’atto negoziale (nella procura alle liti allegata alla comparsa di costituzione e risposta non si fa cenno a quella facoltà).

Peraltro, ad avviso di questo giudice, il silenzio tenuto a fronte dell’invito a concludere la convenzione non è di per sé sufficiente a giustificare la condanna ai sensi dell’art. 96 c.p.c. occorrendo che tale comportamento sia anche indicativo di mala fede o di colpa grave nel resistere in giudizio.

Orbene nel caso di specie appaiono sintomatiche del primo dei predetti elementi soggettivi il contegno tenuto dalla convenuta che, sebbene abbia contestato solo il quantum della pretesa di controparte, e nonostante questa, nel riscontrare la mail del 10 agosto, si fosse detta disponibile a trovare una soluzione conciliativa, a prescindere dal dato formale del mancato rispetto del termine per riscontrare l’invito, non ha assunto nessuna iniziativa conciliativa, come ben avrebbe potuto fare, formulando, ai sensi dell’art. 91 primo comma c.p.c. una proposta di pagamento di una somma determinata sulla base dei criteri da essa proposti.

La somma che si stima adeguata a sanzionare tale condotta è quella pari a poco meno della metà di quella liquidata a titolo di compenso.

Studio legale Avvocato Giuseppe Briganti

Pesaro – Urbino

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