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Diffamazione su social network: condanna al risarcimento dei danni per il post offensivo

Diffamazione su social network: condanna al risarcimento dei danni per il post offensivo

Diffamazione su social network: condanna al risarcimento dei danni dal Tribunale di Ivrea per il post offensivo

Pubblicare post offensivi su social network come Facebook, come riconosciuto dalla giurisprudenza, può configurare il reato di diffamazione aggravata e la persona offesa può ottenere anche il risarcimento dei danni patiti.

Lo conferma il Tribunale di Ivrea, Sezione penale, con la sentenza 13 aprile 2015 n. 139, intervenuto in tema di diffamazione su Facebook nella vicenda che segue:

[…] La persona offesa … ha riferito che, a fine dicembre 2010, … le aveva proposto di lavorare alle sue dipendenze a … e che lei aveva accettato. Il rapporto di lavoro era proseguito, sebbene … non la retribuisse. Nel frattempo, tra lei e … era nata una relazione sentimentale, ma, nonostante le promesse, … aveva continuato a non versare alcunché a titolo di retribuzione per il lavoro da lei svolto e neppure a regolarizzarla. Per questo motivo, dopo sette mesi, lei aveva deciso di interrompere la relazione sentimentale per ritornare a … . Orbene, dopo qualche giorno, … aveva scritto sulla bacheca del suo profilo … questa frase: “…”: tale messaggio veniva letto dagli amici che avevano accesso al suo post e molti l’avevano contattata per chiederle spiegazioni dell’accaduto, anche con tono denigratorio. Aveva, così, stampato il messaggio e si era recata immediatamente dai Carabinieri a sporgere querela dell’accaduto.

Tali essendo le risultanze istruttorie, il reato di diffamazione contestato all’imputato nella forma aggravata è rimasto integrato nei suoi elementi costitutivi.

Com’è noto, il bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice è la reputazione intesa normalmente come il riflesso in termini di considerazione sociale dell’onorabilità. I presupposti della condotta sono costituiti dalla comunicazione di un’espressione offensiva dell’altrui reputazione, dall’assenza dell’offeso – che giustifica l’aggravato trattamento sanzionatorio stante l’impossibilità per lui di difendersi – e dalla presenza di più persone.

Nel caso di specie, il contenuto diffamatorio delle affermazioni diffuse da … è indubbio, atteso che la frase: “…”, pubblicate dall’imputato sulla bacheca del profilo … della persona offesa, è stata, senza dubbio, offensiva dell’onore (inteso come il complesso delle qualità morali della persona) e del decoro (cioè il complesso delle qualità e condizioni che ne determinano il valore sociale) di … e sono quindi idonee ad integrare il reato di diffamazione.

La comunicazione è stata, inoltre, fatta, in assenza della persona offesa e ad almeno due persone, come richiede la norma per la integrazione della diffamazione. Ed invero, si deve presumere la sussistenza del requisito della comunicazione con più persone qualora il messaggio diffamatorio sia inserito, come nel caso di specie, in un sito internet per sua natura destinato ad essere normalmente visitato in tempi assai ravvicinati da un numero indeterminato di soggetti (cfr. Cass. Pen. n. 16262/2008 e Cass. Pen. n. 4741/2000).

Inoltre, il reato ascritto all’imputato può essere qualificato come delitto di diffamazione aggravato dall’avere arrecato l’offesa con un mezzo di pubblicità (fattispecie considerata al comma terzo dell’art. 595 c.p. e equiparata, sotto il profilo sanzionatorio, alla diffamazione commessa con il mezzo della stampa). A tale proposito si ricorda che, per volontà del legislatore, la diffamazione su internet rientra nella previsione del comma 3 dell’art. 595 c.p. atteso che un sito web, un blog, un forum, un social network e quindi anche …, sono considerati “mezzi di pubblicità”, in quanto consentono la diffusione di testi, immagini e video a una moltitudine di soggetti.

Quanto all’elemento soggettivo, è fuori di dubbio che il fatto sia stato commesso con dolo. E’ noto che non può ritenersi necessario l’animus diffamandi, inteso come fine di ledere la reputazione di un’altra persona, perché l’art. 595 c.p., al pari dell’art. 594 c.p., non esige un dolo specifico. Bisogna, quindi, in applicazione del concetto generale di dolo, ritenere che per la sua esistenza basti che il colpevole abbia voluto l’azione, cioè la comunicazione dell’addebito offensivo a più persone, e al tempo stesso si sia almeno reso conto del discredito che col suo operato egli ha cagionato o poteva cagionare (trattandosi di reato di pericolo) all’altrui reputazione. E’, dunque, pacificamente sufficiente il dolo generico, consistente nella volontà cosciente e libera di propagare notizie e commenti con la consapevolezza della loro attitudine a ledere l’altrui reputazione.

Pacifica è, altresì, la riconducibilità dell’episodio all’imputato, atteso che, come si evince dal documento prodotto dalla parte civile, il messaggio proveniva dal profilo … di …, soggetto facente parte del gruppo di persone con le quali la persona offesa aveva stretto amicizia su … . Inoltre, le espressioni contenute nel messaggio pubblicato sulla pagina … riconducono univocamente al trascorso rapporto sentimentale e intimo tra la persona offesa e … .

[…] P.Q.M.

Il Tribunale di Ivrea in composizione monocratica in persona del G.O.T. dott.ssa Maria Claudia Colangelo,

Visti gli artt. 533 – 535 c.p.p.,

DICHIARA … colpevole del reato a lui ascritto in rubrica e lo

CONDANNA

alla pena di Euro 800,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali;

Visti gli artt. 538 e segg. c.p.p. condanna … al risarcimento dei danni patiti dalla Parte Civile e rimette le parti avanti al Giudice civile per la liquidazione;

Visti gli artt. 539 comma 2 e 540 comma 2 c.p.p. condanna … a corrispondere immediatamente alla Parte Civile la somma di Euro 2.000,00 a titolo di provvisionale;

Visto l’art. 541 c.p.p. condanna … a rifondere alla Parte Civile le spese di costituzione, che liquida in Euro 2.500,00 oltre rimborso forfetario del 15%, IVA e CPA […]

Studio legale Avvocato Giuseppe Briganti

Pesaro-Urbino

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